Chernobyl, un disastro annunciato
La notte del 26 aprile 1986, all’1.23, una serie di esplosioni distrusse il reattore nel Blocco 4 della centrale nucleare di Chernobyl, Ucraina (allora Urss) provocando il più grande disastro nucleare che la storia ricordi. Un incidente attribuito a una tecnologia antiquata – un reattore sovietico di prima generazione, del tipo RBMK di derivazione militare, propenso a improvvisi sbalzi di potenza – unita a una serie di errori umani, procedure operative e di sicurezza violate. E anche all’assenza di una struttura di contenimento che fermasse la fuoriuscita di radioattività.
Nelle settimane successive allo scoppio, a causa delle radiazioni, furono trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che persero la vita tra atroci sofferenze. Ma il numero esatto delle vittime “collaterali” del disastro nucleare è tutt’oggi incerto e non vi è ormai più alcun modo di stabilire con certezza i morti diretti, ma soprattutto quelli indiretti, deceduti in seguito, a causa di malattie. Sono decine di migliaia le persone che si ammalarono a causa delle radiazioni dovute all’esplosione, le cui conseguenze furono inevitabili e devastanti.
Cosa raccontano i nuovi documenti segreti su Chernobyl
Lettere e testimonianze sulla catastrofe nucleare del 26 aprile 1986 in Ucraina settentrionale che ora sono stati declassificati e pubblicati dal National Security Archive americano.
Questa lettera-ammonimento del grande fisico e premio Nobel, inviata nientemeno che a Mikhail Gorbaciov in data 4 novembre 1988, è uno dei documenti ‘top secret’ sulla catastrofe nucleare della centrale nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 in Ucraina settentrionale, ora declassificati e pubblicati dal National Security Archive americano.
Un inusuale attacco verso il leader sovietico che pure lo aveva riabilitato appena due anni prima, che punta il dito contro la massiccia coltre di sistematica disinformazione che le autorità sovietiche continuavano a stendere sul peggiore disastro nucleare di tutti i tempi.
Ma c’è anche di più, molto di più, in questa seconda ondata di documenti – una prima serie di carte desecretate era già stata resa pubblica lo scorso agosto – provenienti in buona parte dalla corrispondenza del Politburo sovietico, ma anche dagli archivi del Kgb e della Cia: soprattutto il fatto che il Politburo sapesse già nel luglio 1986, cioè appena tre mesi dopo il disastro, che il reattore di Chernobyl era ‘destinato’ a finire in “meltdown”. In altre parole, non furono soltanto gli errori commessi e l’incompetenza dei tecnici impiegati nella centrale a causare l’esplosione, come si è sempre detto: la verità era che il reattore era concepito e progettato in maniera “difettosa”.
È quanto emerge chiaramente dal resoconto di una discussione del Politburo del 3 luglio 1986 – presieduta da Gorbaciov, alla presenza tra gli altri del ministro degli Esteri Andrej Gromyko e del premier Nikolaj Ryzhkov – durante la quale viene presentata la relazione del capo dell’apposita Commissione investigativa, Boris Shcherbina, il quale afferma a chiare lettere che non solo le “violazioni delle regole” avevano portato all’esplosione, ma che “questi reattori sono potenzialmente pericolosi sin dalla loro progettazione”.
Chernobyl : storia e conseguenze del disastro nucleare
A morire furono, oltre agli operatori che stavano lavorando in quel momento (circa 400 uomini), i “liquidatori”, ossia i pompieri di Prypiat e altri coraggiosi che per una somma cospicua per l’epoca, circa 100 rubli, tentarono con delle sortite di circa 40 secondi ogni 30 minuti di spegnere le fiamme.
Tentativi di domare il fuoco riuscirono dopo ore di interventi ma oramai sostanze nucleari come Cesio, Cobalto, Grafite, Manganese e Cromo si erano disperse nell’aria. La nube radioattiva invase un’area enorme fino ad emanare le sue scorie nei paesi scandinavi, in Bielorussia e in quasi tutto il Medio-Oriente.
La popolazione di Prypiat e delle città più vicine al luogo del disastro furono avvertite solo dopo 33 ore dal disastro con la diramazione di un comunicato che predicava “calma” ed un’ “evacuazione ordinata“. Non furono solamente le decine di migliaia di persone che decedettero quel giorno e nei giorni successivi a sobbarcarsi il fardello del disastro nucleare più rilevante della storia.
Il regno animale e quello vegetale subirono gravissime conseguenze tra cui decimazione e mutazioni genetiche da contatto con gli isotopi, tant’è vero che dopo anni dalla catastrofe si rividero i lupi che abitavano le zone antistanti aventi dimensioni assai più piccole di quanto si ricordasse e si assistette alla ricomparsa del bufalo europeo, una specie animale che si credeva estinta dagli inizi del Novecento.
La città di Prypiat che, prima del disastro nucleare, contava circa 50.000 abitanti oggi è completamente disabitata e le piante rampicanti spadroneggiano sui ruderi. Per quanto sia sorprendente, invece, le aree urbane al confine di Chernobyl sono attualmente abitate da circa 500 persone seppur con età media piuttosto elevata e che portano ancora con sè le “cicatrici” di un evento che ha segnato la storia.