09 NOVEMBRE 2021 “Da stasera la frontiera è aperta”. Con questo annuncio fatto dal leader del partito comunista berlinese, Gunter Schabowsky il 9 novembre 1989 si dà il via allo smantellamento del Muro di Berlino, il principale simbolo della Guerra fredda, fatto costruire nel 1961 dal regime di Walter Ulbricht. L’iconografia scolpita nei ricordi è quella dei giovani che si arrampicano tirandosi su a vicenda, dei picconi che sollevano polvere dalla granitica e affollata sommità della barriera, dei martelli dei primissimi “Mauerspechte”, i “picchi del Muro”, e degli idranti a cui rispondono ombrelli irridenti alzati in segno di sfida a un regime ormai agonizzante: in tre giorni, due milioni di persone passano il confine sancendo la fine di un’epoca segnata dalla Guerra Fredda e dalla contrapposizione tra le due superpotenze egemoni sulla scena mondiale: Stati Uniti e Unione Sovietica.
Tra il 1949 ed il 1961, circa 2 milioni e mezzo di tedeschi della Germania Est erano emigrati in Germania Ovest passando per Berlino. Si trattava di cittadini preziosi per la comunità: spesso laureati, intellettuali, professionisti e lavoratori qualificati, stanchi di una situazione economica difficile e delle restrizioni che il regime comunista della DDR imponeva alle libertà individuali.
Oltrepassare il muro di Berlino era un’impresa quasi impossibile: le guardie armate che lo sorvegliavano costantemente avevano l’ordine di sparare a vista a chiunque tentasse di scavalcare. A rendere le cose più difficili c’erano fossati, filo spinato, cani da guardia e mine. Per evitare che qualcuno si gettasse dagli edifici adiacenti al muro per oltrepassarlo, le autorità della Germania Est fecero murare le finestre che affacciavano sul muro, o addirittura abbattere alcuni edifici.
I leader occidentali non mancarono di denunciare la situazione, protestando vivamente, ma nei fatti intraprendere azioni concrete avrebbe voluto dire correre il rischio di una nuova guerra, cosa che nessuno voleva davvero. Del resto la Germania Est, sostenuta dal blocco sovietico, aveva tutto il diritto di controllare il proprio settore di Berlino, limitando a proprio piacimento il traffico di persone alla frontiera. Nel 1963 il presidente americano Kennedy, in visita a Berlino Ovest, non mancò di rassicurare i berlinesi del fatto che gli Stati Uniti non li avrebbero abbandonati durante un famoso discorso in cui pronunciò la frase in tedesco ‘Ich bin ein Berliner’ (io sono un berlinese).
Resta il rammarico, l’amarezza, il dispiacere che ancora oggi non siamo capaci di “costruire ” paesi, città, Stati, Nazioni, senza Barriere.