Come tutti sappiamo, il Titanic è un transatlantico britannico diventato tristemente famoso per la collisione con un iceberg nella notte tra il 14 ed il 15 aprile 1912 e il conseguente drammatico naufragio. Pare però che tra i marinai in servizio ci fosse un certo Hubert Pilčík e che, durante la fuga generale, lui sia riuscito a imbarcarsi su una scialuppa di salvataggio e mettersi così in salvo. Recuperato dall’equipaggio del Carpathia, venne assistito, rifocillato e portato a New York, per poi essere spedito in Cecoslovacchia, la sua madre patria.
La cosa nota è la sua ferocia e il suo sadismo. Hubert Pilčík, il serial killer cecoslovacco, torturava sadicamente le sue vittime e le uccideva facendo in modo che provassero molta sofferenza. Gli omicidi accertati di Huber sono cinque, numero basato sulla sua confessione. Si ritiene che siano di più ma ormai non c’è più modo di accertarlo, sia per il tempo trascorso dai fatti che per la discrezione delle indagini condotte all’epoca, tese a mascherare la vicenda. La censura del regime fece trapelare ben poco.
Per la sua crudeltà e sadismo ma anche per essere uno dei rari casi di killer seriali di origine est europea del periodo della cortina di ferro, Hubert Pilčík è annoverato nella tragica classifica dei serial killer più famosi della storia.
Nel 1948 attraversare il confine era difficile, quindi chi conosceva meglio le strade meno battute e più sicure si faceva pagare caro per portare gli emigranti fuori dal confine. Pilčík era uno di questi, si offriva di aiutare gli emigranti a lasciare il paese, ma lo faceva solo per poterli uccidere indisturbato ed impossessarsi dei loro beni. Come avrete certamente intuito, Pilčík non aveva alcun interesse ad aiutare la povera gente, ma si intascava ogni bene e uccideva i malcapitati con freddezza e malvagità.
Le uniche vittime note furono Emanuel Balleyovi e sua figlia Renata. Balleyovi venne invitato a recarsi presso un casolare, chiamato “Lipovka”, dove avrebbe dovuto incontrare il corriere che lo avrebbe portato oltre frontiera. L’uomo fece un pisolino prima del lungo viaggio che lo attendeva e, mentre stava dormendo, Pilčík lo colpì alla testa più volte con un manganello e una sbarra di bronzo ricoprì il corpo con della paglia e gli versò sopra del liquido infiammabile. Dopo essersi appropriato degli oggetti personali di Balleyovi, appiccò il fuoco alla capanna e se ne andò verso Senec, dove Renata attendeva il padre.
Raggiunta la località di Senec, Pilčík attirò la donna con una scusa e poi la colpì alla testa, le avvolse una corda al collo, la soffocò e le mise un piolo (pezzo di legno appuntito ad una estremità) in bocca, poi nascose il corpo per terra. Renata era lì con la nipote di 12 anni e Pilčík non poté fare altro che rapirla.
La bambina venne portata all’abitazione di Pilčík e rinchiusa in un porcile. Qui, Pilčík aveva costruito una strana struttura composta da due lunghe tavole dotate di cinghie e di una piccola scatola posta sulla sommità: la bambina era immobilizzata lì, con la testa infilata in questa cassetta piena di stracci per attutire le sue urla, e con un tubo in bocca per poter respirare. In quella posizione trascorse sedici ore al giorno per due mesi, senza poter andare in bagno o difendersi contro gli insetti e i topi che la tormentavano, e veniva violentata e torturata regolarmente.
Il 6 settembre del 1951 Pilčík, un pensionato dall’aria irreprensibile, appassionato di escursionismo, collezionista di erbe medicinali e amante degli uccelli, confessò tutto e venne arrestato. Solo tre giorni dopo verrà trovato impiccato nella sua cella.