2 anni fa le bare dei deceduti di Covid a Bergamo, oggi una guerra in corso…
18 marzo 2020 e 18 marzo 2022 non hanno in comune solo il numero e il mese, ma paura, terrore e morte. Se il primo è stato causato da una pandemia, un evento, praticamente, inevitabile, il secondo si poteva benissimo schivare.
18 marzo 2020
2020, nel mondo si è pronti per affrontare l’anno nuovo, tra l’altro il primo anno degli anni ’20. Dopo le prime tensioni di una possibile terza guerra mondiale avvenute a gennaio, il nostro Paese, e tutto il resto del mondo, continua a condurre una vita tranquilla. Le cose iniziano a peggiorare a febbraio, quando l’OMS annuncia la presenza di un’epidemia. In Italia nessuno era particolarmente preoccupato, d’altronde la Cina era troppo lontana e il virus non avrebbe mai oltrepassato i nostri confini.
La situazione peggiora e il 21 febbraio viene, così, scoperto il cosiddetto paziente 0 nel nostro Paese. La preoccupazione è molta. Lo Stato annuncia lo stato di allerta, le scuole vengono chiuse immediatamente per contenere la diffusione. Anche le aziende sono costrette a chiudere e molte tra queste non verranno mai riaperte. Il Covid si diffonde, la gente si barrica nelle case e i morti aumentano, gli ospedali creano le “aree Covid“, che per mesi e mesi rimarranno stracolme di contagiati.
In pochissimi giorni questo maledetto virus causò migliaia di morti e il 18 marzo 2020, a Bergamo (Lombardia), si vedono delle immagini che nessuno vorrebbe mai vedere: decine e decine di camion militari trasportano le bare delle persone che sono state sconfitte Covid.
18 marzo 2022
A distanza di due anni, la situazione non è migliorata. Se prima la paura e il terrore erano causati da un virus, ora da una guerra: l’invasione dell’Ucraina comandata dal presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Si stanno leggendo notizie e vedendo immagini terribili: bombardamenti, esplosioni e morti, morti e morti… Se due anni fa le persone si barricavano, ora sono costrette a scappare, a lasciare il loro paese, la loro casa, il loro lavoro. Sono costretti a cambiare tutto o ad arruolarsi nell’esercito per difendere il loro Paese.